“Fiore di roccia”

28 Agosto 2020

Lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione.

Bastano queste frasi estrapolate da Fiore di roccia per intuire la trama e lo stile narrativo del nuovo romanzo di Ilaria Tuti, edito da Longanesi, autrice friulana capace in poco tempo di conquistare le classifiche nazionali con due thriller d’esordio ambientati in montagna.
Diverso, invece, è il genere di questo libro, uscito a inizio giugno 2020 e diventato un caso editoriale grazie al passaparola. Perché Fiore di roccia celebra innanzituto il coraggio delle donne pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. Contadine umili rimaste a valle a sfidare la povertà, la fame e l’inverno delle Alpi – esattamente come Agata, la giovane protagonista – chiamate Le Portatrici dai militari italiani lassù in trincea a difendere le cime, di cui la Storia si è colpevolmente dimenticata per molto tempo.

Il romanzo di Ilaria Tuti è teso, duro e malinconico come i paesi svuotati dei giovani uomini finiti al fronte o sottoterra, ma allo stesso tempo – nonostante le piaghe sulle spalle martoriate delle ragazze, gli occhi bui dei soldati, i miseri pasti consumati in silenzio, le lacrime trattenute a stento, le poche risate e i tanti pericoli della guerra – è denso di speranza e voglia di riscatto, oltre che di ricerca di pace e libertà.
E grazie a una scrittura evocativa, benché a volte il connubio di prosa e lirismo renda le frasi di difficile comprensione così come alcune similitudini prive di immediatezza affatichino la lettura, Fiore di roccia – ovvio riferimento alla stella alpina – è senza dubbio una bella storia da leggere, una vicenda da custodire e, in particolare, una testimonianza storica da tramandare.