Don Parenti e le valanghe del 1951

21 Gennaio 2022

Oggi, 21 gennaio, ricorre a Livigno un tragico anniversario: quello delle valanghe scese in varie zone del paese nel 1951.

Dopo alcuni giorni di copiose nevicate, che si erano aggiunte alla neve già caduta nei mesi di novembre e dicembre, come era successo su tutte le Alpi, la mattina del 21 gennaio una grossa valanga staccatasi dalla montagna aveva travolto alcune baite in località Dòs a San Rocco, facendo sette vittime, tutte donne.
Come per uno scherzo del destino, altrettanto tragico, al momento del disastro gli uomini erano impegnati ad aiutare altri compaesani le cui case erano anch’esse state investite da valanghe, fortunatamente senza troppi danni.

In seguito alla disgrazia, due livignaschi erano riusciti, sci ai piedi, a salire verso il passo del Foscagno e ad arrivare a Bormio molte ore più tardi, per dare l’allarme e avvisare dell’accaduto.
Nei giorni successivi erano arrivati anche i primi soccorsi in paese, come il lancio di viveri da parte della Croce Rossa svizzera, mentre il parroco di Trepalle, don Sandro Parenti, aveva ricevuto l’incarico di fotografare gli avvenimenti per conto del settimanale Epoca, che da Milano aveva inviato sul posto due reporter, i quali non erano però riusciti ad affrontare la complicata salita verso Livigno, fermandosi in Valdidentro.
Per questo, grazie all’aiuto di due operai di Isolaccia abituati all’alta montagna, i giornalisti di Epoca avevano pensato di far arrivare la macchina fotografica al famoso parroco di Trepalle. Sarebbe dunque toccato a lui immortalare l’accaduto, per un lungo articolo che sarebbe uscito nel mese successivo e avrebbe fatto conoscere la tragedia della valle di Livigno in tutta Italia.

Racconto questo episodio nel mio libro Un prete in alta quota, un romanzo sulla vita di don Parenti che mischia la realtà storica – come appunto quella sui fatti delle valanghe del 1951 – con la finzione, attraverso la testimonianza di un personaggio di fantasia.
Di seguito ecco alcuni passaggi del capitolo in questione:

“Ci siamo” annunciò don Parenti quando fummo vicini alle baite del Dòs, che ora non esistevano più.
Il curato estrasse la macchina fotografica dallo zaino e scattò alcune fotografie, come aveva già fatto in precedenza dalla cima del passo d’Eira. Si avvicinò di una cinquantina di metri, immortalò la devastazione della valanga e gruppi di livignaschi ancora impegnati a bonificare l’area. Poi mise via l’apparecchio. […] Giunti a Trepalle consegnammo la macchina fotografica ai due uomini in attesa del nostro ritorno, che ringraziarono a ripartirono di gran lena, rifocillati a dovere dall’Angiolina. Arrivarono dai fotoreporter un paio d’ore più tardi e anche loro, senza perdere tempo, iniziarono la lunga discesa dalla valle alla pianura, per portare a destinazione la testimonianza degli eventi ancora oggi ben impressi nella memoria del paese. […] Soltanto alcune settimane dopo, quando il postino recapitò al curato una copia di Epoca che arrivava direttamente dalla redazione di Milano, io e don Sandro potemmo leggere l’intero articolo del giornalista Bruno Reghi e veder pubblicate le fotografie che avevamo scattato a Livigno.
Allegata al settimanale c’era una lettera indirizzata a don Parenti, in cui i fotoreporter Luzzu e Lucca lo ringraziavano per quello che aveva fatto e gli chiedevano se volesse essere pagato. Nessuno dei due menzionò il sottoscritto.
“Pagato io?”, scrisse subito don Parenti, indignato. “Volete davvero darmi qualcosa per il piacere che vi ho fatto? Non voglio niente. Fate, semmai, un’offerta ai poveri della parrocchia di Livigno e di Trepalle. Ma se siete voi in bisogno, andate in Santa pace con la benedizione del Signore.”

(La fotografia che accompagna il post viene dall’archivio della Biblioteca di Livigno)