Ca’ Rossa e dintorni

22 Agosto 2021

I bambini sono con i nonni. Da quando è nato Federico, che oggi ha sette mesi, è la prima volta che io e mia moglie Luana stiamo lontani da casa. L’intento è goderci una notte e due giorni da soli, senza gli impegni quotidiani che ruotano proprio attorno ai figli.
È un mercoledì mattina di metà luglio, caldo e soleggiato, e il viaggio da Livigno verso Montagna in Valtellina scorre calmo e piacevole, come succede ogni volta che si affrontano le cose con leggerezza.
Mentre scendiamo dal passo Forcola, attraversiamo la Val Poschiavo e poi oltrepassiamo Tirano, programmiamo a grandi linee la giornata e la cena, lasciando spazio a possibili sorprese, piccoli cambi di rotta o idee improvvise che nascono quando nulla di preciso è prestabilito.
All’altezza di Chiuro abbandoniamo il traffico costante della Statale dello Stelvio e ci inoltriamo nel silenzio della mezzacosta fino a incrociare la Strada del Vino, superando i tanti vigneti del Versante Retico, i meleti di Ponte in Valtellina, altri alberi da frutto e persino alcune piante di ulivo.
Respiro già la pace dei paesi e dei borghi della Media Valtellina, con il suo aroma fatto di vegetazione rigogliosa e storia antica. E nella mente ripercorro i momenti del mio viaggio a piedi di due anni fa, quando sono transitato dalle strade, dalle sterrate e dai sentieri di questi luoghi incantevoli capaci di sorprendere anche chi crede che la Valtellina sia solo pizzoccheri, bresaola, vino e sport invernali, e il lungo fondovalle una noiosa traversata per raggiungere l’Alta Valle.

Il paese di Tresivio visto dai vigneti

In questa parte della provincia di Sondrio, tra i 400 e i 600 metri di quota, i terrazzamenti modellano la montagna per decine e decine di chilometri. Sono la testimonianza di un antichissimo lavoro di viticultura, oggi definita eroica, un lavoro identitario che come pochi altri contribuisce alla bellezza e alla cura del paesaggio.
Sono proprio i terrazzamenti e i muretti a secco a rendere riconoscibile la Valtellina ovunque ma, oltre alla vite, quassù si possono ammirare edifici storico-artistici, civili e religiosi di pregio, fortemente rappresentativi e carichi di valore simbolico.
Come il Castel Grumello, che fin da Tresivio vediamo svettare là in alto, vicinissimo alla nostra meta: siamo diretti a Ca’ Rossa, un suite and breakfast di recente costruzione, giovane, elegante e divertente, immerso tra vigneti di Nebbiolo.
In linea d’aria, Ca’ Rossa sorge proprio a pochi metri dai ruderi del Castel Grumello e quando ci arriviamo siamo accolti con calore sincero da Isaac, l’amico che, insieme alla moglie Claudia, alle figlie Nina e Anna e alla suocera Nella, mi aveva ospitato qui durante il mio cammino in Valtellina, quando erano in pieno svolgimento i lavori edili per creare le due strutture in pietra che di lì a poco sarebbero diventate la suite Retrò e la suite Pop, perfette per un soggiorno da sogno rigorosamente in coppia.

L’originale reception di Ca’ Rossa

Con Isaac chiacchieriamo alcuni minuti di estate, impegni e scelte di vita (in particolare di quella che mi ha portato a lasciare la libreria per dedicarmi a scrittura e famiglia) e ci accordiamo per rivederci a metà pomeriggio, quando la suite Pop sarà tutta per noi. E, come promesso, prenotiamo senza indugiare la novità di Ca’ Rossa: la tinozza finlandese immersa nella natura, dalla quale ammirare il bellissimo scenario selvaggio delle montagne Orobie e, là in basso, quello meno attraente ma comunque suggestivo della città di Sondrio.
Poi io e Luana infiliamo gli zaini in spalla e ci incamminiamo verso il centro di Montagna in Valtellina, guadagnando un centinaio di metri di quota fino a trovare la Via dei Terrazzamenti, il famoso percorso pedonale di settanta chilometri che si snoda a mezzacosta sul Versante Retico, capace di regalare panorami insospettabili.
Senza faticare troppo e senza patire più di tanto i quasi trenta gradi di calore, oltrepassiamo Poggiridenti e Tresivio, poi perdiamo di vista il cartello giallo segnavia, camminiamo per una ventina di minuti “al buio” fino a ritrovare la via giusta e infine arriviamo a Ponte in Valtellina, dove decidiamo di fermarci prima di fare dietrofront e tornare a Ca’ Rossa.
A Ponte, in una delle aree di sosta del percorso, rifiatiamo all’ombra di un ombrellone tutto sghembo, mangiamo un frutto, riempiamo le borracce a una fontana, riprendiamo a camminare e più tardi, alle sedici passate, siamo di nuovo a Montagna in Valtellina.
Tra andata e ritorno abbiamo percorso quasi diciotto chilometri, incantandoci spesso a cercare di riconoscere gli alberi di albicocche, prugne, cachi, kiwi e pesche e le piantine di lamponi e mirtilli, a sbirciare le infinità di verdure che crescono negli orti privati, ad attraversare i meleti e i vigneti sfidando i probabili rimbrotti dei contadini, ad ammirare da posizioni privilegiate i paesi e le frazioni sotto di noi e, da ultimo, a immaginare di vivere in uno di questi piccoli paradisi dove il traffico è quasi inesistente, le giornate sono farcite di calma e natura e dove le ore sembrano scorrere più lentamente (con più umanità e serenità) rispetto a quanto succede laggiù, nella vita frenetica di tutti i giorni.

Una viuzza lungo la Via dei Terrazzamenti

Al nostro arrivo Isaac ci offre un ghiacciolo al limone che bramavamo da un’ora, senza riuscire a trovare un bar aperto lungo il cammino, e subito ci accompagna nella suite Pop, magnifica esattamente come ce l’aspettavamo.
Oltre all’ampio spazio della camera, alla comodità di poltroncine e letti, alla grandezza esagerata della doccia, al design ricercato degli arredi mai fine a se stesso e all’indubbia funzionalità degli oggetti presenti, quello che mi colpisce di più è l’atmosfera che si respira appena si mette piede nella suite; un’atmosfera molto piacevole capace di rallegrare all’istante anche l’animo più triste, facendolo immediatamente sentire a suo agio e soddisfatto di aver deciso di entrarci.
Poco dopo, ciabatte ai piedi e accappatoio stretto in vita, ci dirigiamo allegri verso un angolo riservato della proprietà circondato da ulivi e – inutile dirlo – da vigneti, dove alcune settimane fa è stata posizionata la tinozza finlandese.
Si tratta di una grande vasca in legno dove io e Luana ci godiamo in santa pace le chiacchiere, i sorrisi reciproci, il relax e la vista sulle montagne, restando a mollo in acqua calda a trentotto gradi per quasi un’ora e mezza.
Poi, di nuovo in camera, scegliamo la colazione per la mattina seguente e con estrema lentezza (dovuta alla stanchezza della lunga camminata e al rilassamento del bagno nella tinozza) ci prepariamo per andare a cena, che consumiamo al ristorante Ca’ d’Otello di Tresivio, meglio conosciuto come Jom Bar, naturalmente consigliato da Isaac e dove non ero mai stato.
Anche questa è una delle rivelazioni della mezzacosta valtellinese: una serie di ristoranti, hotel e b&b di qualità eccelsa, facilmente “scovabili” seguendo con occhi attenti la Strada del Vino.

Il “guardiano” della tinozza finlandese

Al rientro, come è ovvio che sia, crolliamo letteralmente nel letto e, a causa della cena abbondante (ottimo l’antipasto di trota iridea della Valmasino), io fatico più del dovuto ad addormentarmi, anche se in realtà non mi ci vuole molto a cadere in un sonno profondo.
La mattina ci svegliamo né presto né tardi, riposati e sereni, e in attesa della colazione usciamo in terrazza nonostante il cielo pieno di nuvole grigie, con qualche goccia di pioggia a bagnare la maglietta, tenti di rispedirci dentro.
Ma non può bastare il cattivo tempo a toglierci il buonumore anche perché, puntuale, alle nove meno un quarto arriva Claudia, la moglie di Isaac, con il cestino della nostra colazione; un cestino che non soltanto è ricco e abbondante, ma anche goloso e, soprattutto, gioioso.
Resistiamo alla tentazione di rientrare in camera, visto che il tempo non migliora, e facciamo bene: non c’è cosa più bella che iniziare la giornata con un pasto all’aperto, mangiando in silenzio e guardando il panorama attorno con una nuova luce.
Un’ora dopo, però, ci tocca chiudere la valigia e lasciarci alle spalle la suite Pop, in ogni caso felici della brevissima vacanza trascorsa a Montagna in Valtellina e desiderosi di fare al più presto un’altra esperienza come quella vissuta ieri e oggi.
Tuttavia, il soggiorno non è ancora finito, perché manca uno dei must di Ca’ Rossa: il check-out in cantina con Isaac e la figlia Nina, fatto di curiosità sul vino e la Valtellina, sulla casa dove ci troviamo (che due secoli prima probabilmente è stata un manicomio), sulla massiccia opera d’arte accanto alla parete in sasso e, dulcis in fundo, sui cinque doni che ci offre Nina e che ovviamente non svelerò mai.
Perché bisogna meritarsele, certe cose. Bisogna scoprirle da soli e viverle in prima persona; perché bisogna trovare il tempo di lasciarsi sorprendere. E per farlo non resta che fare un piccolo passo: trascorrere almeno una notte a Ca’ Rossa e dintorni.

Panoramica di Ca’ Rossa

(La fotografia di copertina che accompagna il racconto e questa appena sopra vengono dall’archivio di Ca’ Rossa, mentre le altre sono mie)