Sondrio oltre il proprio naso

25 Maggio 2022

Negli ultimi mesi ho riscoperto (anzi, forse sarebbe meglio dire scoperto), il capoluogo della provincia in cui sono nato e vivo da sempre: Sondrio. Un luogo che, almeno ai miei occhi, si è rivelato molto meno brutto, noioso, spento e inutile di quanto sostenga buona parte dei valtellinesi.
Dai vicoli che si snodano da piazza Carbonera alla via dei Palazzi, ricchi di storia e fascino, dall’antico quartiere Scarpatetti al centro storico più frequentato, in cui la tradizione di montagna si mischia a qualche modernità, dalle frazioni di Mossini, Sant’Anna e Ponchiera fino alle strade di mezzacosta che conducono al santuario della Sassella e, più su, alle altre frazioni di Triangia e Triasso, senza poi dimenticare la natura prorompente del parco Adda-Mallero, Sondrio è la tipica cittadina delle Alpi che va indagata, perché in apparenza lascia trasparire poco e, quando lo fa, racconta solo una piccola parte di sé stessa.

Per questo vorrei proporre qui due brevi estratti dal libro Il mio viaggio in Valtellina edito da Lyasis, dedicato proprio all’arrivo a Sondrio in una delle ultime tappe del mio lungo cammino di 400 chilometri attraverso la Valtellina, nel maggio 2019, con alcuni cenni sulla storia della città.

Fontana in piazza Quadrivio

Impiegai mezz’ora per arrivare nell’elegante piazza principale di Sondrio, con il monumento a Giuseppe Garibaldi a svettare al centro, i palazzi storici come quello della Banca Popolare, il teatro Pedretti, i bar con i tavolini all’aperto, la fontana moderna con l’acqua che spruzzava dalla pavimentazione e, naturalmente, il Grand Hotel della Posta, uno dei più antichi della città e senz’altro il più prestigioso, dove sarei stato ospitato gratuitamente per la notte.
Come tutta la Valtellina, in epoca romana il territorio dove sorgeva Sondrio era appartenuto al municipio di Como. Durante le invasioni barbariche, ma anche dopo, la città era stata luogo di rifugio per i fuggiaschi, i quali avevano portato nuove conoscenze per la coltivazione della terra, la lavorazione del legno, della lana, delle pietre e dei metalli.
Nel Cinquecento, quando la Valtellina e i due contadi di Bormio e della Valchiavenna erano sudditi dei Grigioni, la sede del governo era stata spostata da Tresivio a Sondrio, che diventò il centro politico più importante del territorio. Quando poi ci fu il completo distacco dai Grigioni, Sondrio chiese a Napoleone Bonaparte l’annessione alla Repubblica Cisalpina.
A inizio Ottocento, con il passaggio sotto il governo austriaco, era nata anche la provincia e la città si era sviluppata sotto la severa e scrupolosa amministrazione dell’imperatore Ferdinando I, che le aveva dato la conformazione attuale.
Erano stati gli stessi austriaci a costruire piazza Nuova – oggi piazza Garibaldi – che nel 1909, dopo quasi quattro decenni dall’unità d’Italia, vide posare la statua in bronzo con un bassorilievo che illustrava la cattura di alcuni austriaci alla prima cantoniera dello Stelvio, nell’estate del 1866, da parte delle guardie nazionali. […]

Con Andrea eravamo d’accordo che avremmo passeggiato insieme nel centro storico della città, dove mi avrebbe scattato alcune fotografie. E così facemmo: camminammo in via Dante e in via Beccaria, passando tra i commercianti indaffarati ad aprire le botteghe, e arrivammo in piazza Végia, che fino al Settecento era uno dei luoghi più animati di Sondrio, sede dell’unico albergo della città e dove si tenevano il mercato settimanale e le fiere più importanti.
In fondo alla piazza inizia la salita Ligari tutta in gradini di pietra, che porta al Castello Masegra. Noi però svoltammo in via Longoni e in via Lavizzari, dove erano i silenzi e le ombre a fare da protagonisti, e giungemmo in piazza Quadrivio in cui, tra le altre strade che si snodavano verso la città, c’era l’inizio di via Scarpatetti.
Andrea fece qualche scatto all’antica fontana con vasca monolitica, costruita nel 1820 da uno scalpellino della val Masino, in quello che era il crocevia principale del centro storico di Sondrio e in passato il punto di ingresso al borgo.
Nella seconda metà del Settecento, in piazza Quadrivio abitava anche Giovanni Maria Rossi, che lì aveva la sua tipografia ed era considerato il primo stampatore valtellinese: ci sembrò il luogo perfetto in cui un editore e un libraio si fermassero a fiutare l’odore di immortalità che avevano la carta e i libri. […]

Laghetto del parco Adda-Mallero

Dunque Sondrio, con la sua apparente aria di indifferenza quasi fosse un comportamento giustificato dalla necessità di difendersi da chi la considera una città – appunto – brutta e noiosa, è in realtà un luogo pieno di dignità, piacevole nella sua semplicità e persino sorprendente, ricco di storia e natura.
Sempre che non si resti prigionieri dei luoghi comuni e si riesca a guardare oltre il proprio naso, assecondando la curiosità di scoprire qualcosa di inatteso.

(Le tre fotografie del post sono tratte da Visita Sondrio, sito ufficiale della città)