10. Colori. Diario da una vigna

27 Agosto 2021

Giovedì 19 agosto 2021

Rigiro tra le dita l’acino di uva bianca. È tondo e rigido, più piccolo di certi acini di uva da tavola che paiono uova di gallina. In ogni caso è invitante. Lo porto alla bocca e lo mordo con cautela, quasi con rispetto. Sono mesi che guardo i tralci della vite allungarsi, le foglie ingrandirsi e i grappoli crescere – prima diventare fiori e poi frutti – perciò ora, mangiare anche uno solo di questi chicchi, mi sembra un affronto.
“Com’è?” mi chiede Bayo, l’operaio senegalese che più di tutti, qui, ha voglia di scherzare. “Ti piace? Guarda che puoi mangiare tutta l’uva che vuoi. Come vedi ne abbiamo tanta!”
“È buona. È dolce” rispondo sorpreso. Mi aspettavo fosse ancora acida, o insapore, invece no.
“Fra un paio di settimane la vendemmiamo” interviene Kevin, che poi, siccome intuisce che qualcosa mi sfugge, spiega meglio: “Sì, l’uva bianca è quasi pronta. La raccogliamo circa un mese prima di quella rossa, quindi manca poco. Lo faremo a inizio settembre, in due o tre giorni”.
Ecco un’altra cosa che non sapevo del ciclo della vite, insieme a tante altre cose che sto scoperto nel lungo cammino che è il mio Diario da una vigna.
“Adesso assaggia questa” dice Kevin indicando un filare di uva rossa, che proprio in questi giorni ha iniziato a prendere colore e a trasformarsi da verde a violacea.
Strappo un paio di acini da un grappolo, ma in effetti il sapore è ancora amaro. “Si sente eccome la differenza con l’altra” confermo.
“Per l’uva rossa dovremo aspettare fino a inizio ottobre” aggiunge Kevin. “Rispetto all’anno scorso siamo in ritardo di una settimana, più o meno.”
Invaiatura: è questo il termine esatto per descrivere ciò che sta succedendo. Si tratta della maturazione dei frutti, contraddistinta appunto dal cambiamento di colore, che per l’uva tenderà a un rosso sempre più pieno, fino a diventare viola scuro. Ed è proprio in questa fase che nel frutto inizia un notevole incremento degli zuccheri e si modifica la composizione chimica della sua polpa.

La vigna e la chiesa di San Martino, a Bianzone

Questa mattina ero a Sondrio per un appuntamento, ho pranzato in città e subito dopo ho raggiunto la squadra operai di Plozza a Bianzone, non lontano da Tirano, in un ampio vigneto alle spalle della vecchia chiesa di San Martino, dalla quale prende il nome.
Oggi i ragazzi sono in numero ridotto – qualcuno è a casa in malattia, altri sono in ferie – e le mansioni che stanno svolgendo sono le stesse di un mese fa: diserbare, come hanno fatto in mattinata, defogliare, almeno quando è il caso e se avanza tempo, e infine cimare, la cosa più importante per fare in modo che l’energia della vite sia tutta rivolta all’uva.
Kevin mi fa notare la differenza di colore tra i grappoli che abbiamo intorno: non ce n’è uno uguale all’atro; alcuni sono già viola, come quelli che siamo abituati a vedere al supermercato o in fotografia, altri invece sono per metà verdi e per metà rosa.
“Ovviamente dipende dal sole e dal caldo che gli arriva, cioè dalla posizione, dalla quota e dalla zona in cui è la vite. Se ci fai caso” e fa segno con una mano, “i grappoli vicino al muro in sasso hanno già un colore bello intenso, perché i sassi trattengono il calore e gli acini si sviluppano più in fretta.”
Kevin ha appena vent’anni, è il più giovane degli operai, ha il sorriso sempre pronto e una disponibilità innata. Lui è di Tirano – insieme a Bruno unico autoctono della squadra, per così dire – ha due vendemmie alle spalle e ha iniziato a lavorare per Plozza poco dopo aver finito la scuola di agraria. Gli stage in vigna durante l’ultimo anno di superiori lo hanno conquistato, lavorare all’aria aperta gli è sempre piaciuto e la fatica non lo ha mai spaventato. Come a tutti gli altri operai che ho conosciuto in questi mesi, del resto.

Kevin ha 20 anni ed è di Tirano

Quando il lavoro a Bianzone è completato, risalgo in auto e seguo il furgone di Plozza fino a Villa di Tirano, in un vigneto chiamato Piruvino – quando lo chiedo, nessuno sa il perché del nome.
Prendo appunti e seguo in disparte il lavoro dei ragazzi, anche se ogni tanto mi avvicino a Kevin, Pilo o Bayo per fare una domanda. Infine, mi incanto a guardare un orto lì vicino, oltre il muretto a secco, dove distinguo zucchine grandi come il mio avambraccio e una pianta di pomodori perini quasi maturi. C’è anche una piccola vigna, con l’uva che cresce sul lato superiore del pergolato.
“È uva americana” dice Kevin con l’acquolina in bocca. “Devi sentire che sapori sprigiona quando è matura. È dolcissima.”
“In Romania usano molto quell’uva per fare il vino” aggiunge Pilo.
Quando mi passa accanto per completare la cimatura del filare dove mi sono posizionato, scambio due chiacchiere anche con Lamin, un ragazzo del Gambia timido e silenzioso, che cerca sempre di evitare le mie domande o che fa finta di coprirsi il volto e scappare quando scatto una fotografia.
“La prossima volta tocca a te. Ti chiedo un po’ di cose, se ti va bene” gli dico allegro, incrociando il suo sguardo.
“Sì… ok” sorride lui. “Non c’è problema.”
“Così poi diventi famoso, Lamin!” sento urlare dal filare accanto.
Non vedo chi c’è oltre le foglie della vite, tanto la vegetazione è fitta, ma è ovvio che è stato Bayo a parlare.
Tutti scoppiano in una risata, Lamin compreso. Allora comincia una piccola baraonda di battute, in cui Bayo e Lamin si prendono in giro con affetto, come fossero fratello maggiore e fratello minore. E io mi affretto a specificare – anche se non ce n’è bisogno – che si sbagliano di grosso se sperano di diventare famosi per i miei diari.

CONTINUA…

(Le fotografie che accompagnano il post sono state scattate da me nella zona di Bianzone e Villa di Tirano)

La vigna a Villa di Tirano

Leggi anche i post precedenti:
9 Cimatura. Diario di una vigna
8 Cambiamenti. Diario da una vigna
7 Legare. Diario da una vigna
6 Bagnare. Diario da una vigna
5 Cantina. Diario da una vigna
4 Attesa. Diario da una vigna
3 Lontananza. Diario da una vigna
2 Sole. Diario da una vigna
1 Rinascita. Diario da una vigna
Diario da una vigna