1910: Il giro del mondo a piedi

25 Agosto 2022

Nei giorni scorsi, mentre sfogliavo l’archivio di alcuni giornali di inizio Novecento per il nuovo progetto di scrittura di cui mi sto occupando e che piano piano sta prendendo forma, mi sono imbattuto in un curioso articolo dedicato al cammino.
La notizia in questione, che naturalmente ha risvegliato la nostalgia del mio viaggio a piedi di tre anni fa, è stata pubblicata il 2 agosto 1910 su La Valtellina, uno degli storici settimanali della provincia di Sondrio che si definiva democratico e liberale, nato nel lontano 1861 in concomitanza con la proclamazione del Regno d’Italia.

Della notizia mi è piaciuto il tono ironico e lo stile di scrittura, tuttavia mi ha sorpreso il fatto che, allora come oggi, chi cammina per giorni e giorni è visto come un matto.
Perché allora come oggi, un uomo che viaggia a piedi sotto il sole o la pioggia, stanco e affamato, non solo è sospetto, ma addirittura non ha senso in una società in cui la libertà si esprime in qualcosa di definito come, per esempio, il divertimento organizzato, limitato nel tempo e nello spazio, accettato e ripetuto da tutti senza variazioni sul tema. Dunque, colui che sfugge a questa logica ha, almeno per i benpensanti, qualche rotella fuori posto.
In realtà, il viaggiatore a piedi non fa altro che rivendicare una cosa semplicissima: la libertà. Ma non la libertà codificata dal pensiero comune, bensì quella non convenzionale: la libertà di muoversi come vuole, di osservare quello che vuole, di fermarsi e ripartire quando vuole. Il viaggiatore a piedi rivendica la libertà di spirito ed è in marcia sulla strada che ha scelto lui e perché l’ha voluto lui. Nient’altro.

L’articolo – ricordo che è stato scritto nell’estate 1910 – è il seguente:

Decisamente il mondo è di chi lo sa prendere… in giro!
Due giovani, certo Paul Masson e Felice Marini – quest’ultimo un veterinario napoletano residente ad Alessandria d’Egitto – la sera del 21 dicembre 1907 si fecero sentir dire da un Mecenate sportivo, Riftard Pascià, presidente della Banca Ottomana e afflitto dall’aureo fondo di parecchi milioni, che in quattro anni avrebbero percorso il mondo pedibus calcantis.
Non occorse altro per eccitare la tarantola sportiva dell’illustre nonché milionario banchiere: egli infatti depositò duecentomila lire nella suddetta Banca, vincolandole a favore dei due audaci giovani se fossero riusciti a compiere la loro impresa.
E questi adesso camminano, camminano e camminano come nella fiaba delle cento leghe: hanno già percorso 57000 chilometri consumando trentun paia di scarpe ciascuno (e che scarpe!) ed hanno altri 23000 chilometri fra il desiderio e la sfolgorante meta. Ma tira di più il miraggio di un bel gruzzoletto che centomila paia di bovi, e i due vanno, vanno incessantemente.
Particolare non trascurabile, in attesa della futura ricchezza per ora i due globe trotters non hanno in tasca il becco d’un quattrino e si ingegnano come possono (nei limiti della legalità ben inteso!) per andare avanti.
Martedì il Masson passò per Sondrio diretto a Samaden, Coira, Berlino ecc.
Il compagno, fermatosi per un inatteso accidente, lo raggiungerà a Berlino.
Buon viaggio…

Curioso, no?
Ho provato anche a cercare tracce dei due giovani in rete, ma per ora non ho trovato nulla. Mi piacerebbe però, un giorno, approfondire questa storia. Chissà…
Ma piuttosto, se avessi davanti l’autore dell’articolo, gli chiederei: sei davvero certo che a smuovere la smania di cammino dei due ragazzi sia stato soltanto il gruzzolo promesso dal mecenate? Non è invece, come credo io per esperienza diretta, che sia stata la voglia di libertà, di avventura e di scoperta a farlo? Ossia quel qualcosa di non convenzionale che ognuno di noi – chi sottovoce, chi urlando, chi misconoscendolo – in fondo da sempre rivendica?

(La cartolina d’epoca di Sondrio che accompagna il post è tratta da internet)