7. Legare. Diario da una vigna

5 Giugno 2021

Martedì 1 giugno 2021

Come previsto, la vegetazione è esplosa. Sono bastate tre settimane di caldo e i germogli del tralcio, che molto lentamente si erano avvicinati al secondo filo dei filari, hanno superato il quarto filo. Incredibile.
Eppure, come mi spiega il giovane enologo Luca, non bisogna lasciarsi ingannare dall’apparenza. Per adesso la vite si è sviluppata in altezza, come è giusto che sia, ma in realtà il fogliame e i germogli sono un po’ indietro rispetto alla normale crescita, almeno di due settimane. Sono, per così dire, troppo magri e slanciati, quando invece dovrebbero essere in carne. Stanno pagando il freddo inatteso di aprile e infatti, ancora, la fase di fioritura dei grappoli non è iniziata.

Ogni vigna ha un nome, anche di fantasia: lei si chiama Kilvan

La squadra operai di Plozza vini – i ragazzi italiani sono a torso nudo, i due ragazzi africani in maglietta e gilet, gli uomini più maturi in maglia a maniche lunghe – sta legando i giovani tralci con un nastro verde.
Tutti sono veloci e precisi, come avessero una tabella di marcia ben definita da seguire, tanto che oggi sono già passati da varie vigne: prima a San Giacomo, frazione di Teglio sul fondovalle; poi a Bianzone vicino alla chiesa lungo la Strada del vino; ora qui a Tirano, sulla mezzacosta del monte Masuccio, in due vigneti dai nomi fantasiosi e misteriosi, che nessuno sa dire da dove derivino: Kilvan e In mezzo alle murache.
A quanto pare Kilvan è senza significato, come certi nomi propri americani, mentre murache è un termine inventato che sta a indicare i grandi muraglioni in sasso che delimitano le proprietà di alcuni terreni.
Mentre lega, ognuno degli operai si occupa delle cosiddette “rogne”, almeno quando ne trova una, ossia di quei ramoscelli o germogli che nascono dal fusto della vite, che non sono produttivi e dunque che sono da eliminare perché andrebbero a competere con i germogli selezionati togliendo loro parte della linfa per crescere al meglio.

I minuscoli grappoli di uva

Tra il primo e il secondo filo dei filari si distinguono i futuri grappoli di uva, minuscole palline verdi che a prima vista potrebbero sembrare fiori in via di sviluppo.
Scatto qualche fotografia camminando avanti e indietro nel vigneto e scambio due chiacchiere con Pilo, l’uomo più anziano della squadra, con il quale finora non ho mai parlato.
Sono emigrato dall’Albania nel 1993, come decine di migliaia di miei connazionali” mi dice subito, quasi liberando il bisogno urgente di condividere il racconto della sua vita. “Vivevo nel sud del Paese, in una cittadina di mare che si chiama Saranda, vicinissima all’isola di Corfù e poco distante dalla costa pugliese. Mi sono rifugiato in Grecia, dove sono rimasto a lavorare per parecchi anni su navi merci che facevano la spola con la Turchia e l’Italia.”
Mentre parla esprime nostalgia, sorride con una leggera smorfia della bocca e si emoziona quando ricorda i genitori e la morte del padre, avvenuta in Italia, entrando nel dettaglio di come funziona la cerimonia funebre secondo la tradizione albanese.
Infine nel 2000 sono arrivato in Valtellina, perché qui vivevano già due miei fratelli” continua. “Ho trovato lavoro prima nei campi di mele e poi in vigna, e nel 2009 sono stato assunto da Plozza.”

Pilo, 69 anni, è albanese

Pilo sembra avere l’aria stanca, quella di un uomo che nella vita ha già lavorato abbastanza. Con la mente è altrove, e proprio in questo istante forse sta immaginando il suo futuro lontano dalle vigne. In effetti aspetta di andare in pensione; deve avere una risposta definitiva dai sindacati su quando potrà smettere di lavorare e, appunto, tornare in Albania con la moglie.
Avrò la pensione agricola, la minima. Ma mi basterà eccome, perché da noi il costo della vita è minore rispetto all’Italia.”
Eppure non ha idea se dovrà rimanere un altro mese o un altro anno, e per questo motivo i suoi colleghi lo prendono in giro. È da tanto che Pilo ripete a tutti che presto andrà in pensione, però è sempre qui, a faticare tra i saliscendi del versante retico.
Ha sbagliato a contare gli anni di contributi” sento dire da una voce straniera. “Non è ancora arrivato a venti, quindi niente…”
Pilo annuisce sconsolato e riprende a lavorare come in quel lontano giorno di tanti anni fa, quando è arrivato quassù: non può e non vuole perdere tempo con le mani in mano. C’è la “famosa” tabella di marcia da seguire ed è già il momento di spostarsi in un’altra vigna. Bisogna legare, legare e ancora legare. Poi, la prossima settimana, si torna a bagnare per il terzo trattamento dell’anno.

CONTINUA…

(Le immagini che accompagnano il post sono state scattate nelle vigne vicino a Tirano, in provincia di Sondrio)

Leggi anche i post precedenti:
6 Bagnare. Diario da una vigna
5 Cantina. Diario da una vigna
4 Attesa. Diario da una vigna
3 Lontananza. Diario da una vigna
2 Sole. Diario da una vigna
1 Rinascita. Diario da una vigna
Diario da una vigna

Panorama di vigneti valtellinesi a Tirano