Diario dal Sentiero Valtellina

28 Settembre 2022

Giovedì 22 e venerdì 23 settembre 2022

C’è questo fatto che mi fa andare fuori di testa, in senso positivo, e dunque mi piace molto: scoprire qualcosa di nuovo, che prima non avevo notato, dei paesi, dei paesaggi e delle valli attraversate centinaia di volte. Per farlo mi è bastato cambiare mezzo di trasporto.
È il modo in cui si viaggia a trasformare l’aspetto dei luoghi: si distinguono nuovi odori, si percepiscono nuovi suoni, si colgono nuovi dettagli. Si ha un’altra prospettiva di ciò che scorre intorno, e tanto i paesi quanto i paesaggi o le valli formano linee parallele a quelle già tracciate, che solo in parte gli assomigliano.

In due giorni, per il mio primo breve viaggio in bicicletta in compagnia di mia moglie Luana, ho percorso quasi tutto il Sentiero Valtellina, l’itinerario ciclopedonale che si sviluppa per 114 chilometri lungo il fiume Adda, tra Bormio e Colico. Un bellissimo percorso immerso nel verde che costeggia sia le Alpi Orobie e sia le Alpi Retiche, oltre che addentrarsi in boschi, prati coltivati e non, borghi e centri cittadini.
Il giovedì ho pedalato da Tirano a Colico per poco più di 75 chilometri, su pista asfaltata e a tratti su vie sterrate o strade provinciali a basso traffico automobilistico, concludendo la giornata con i piedi a mollo nell’acqua gelida del lago di Lecco e Como.
Il venerdì ho pedalato da Colico a Samolaco, inoltrandomi in direzione di Chiavenna, e poi a ritroso fino a Morbegno dove avevo un treno da prendere, per circa 45 chilometri in parte ancora sul Sentiero Valtellina e in parte sulla Ciclabile Valchiavenna, quest’ultima per me del tutto inedita.

Sono luoghi che ho visto e rivisto tante volte passandoci in auto, anche se quando stringo il volante tendo a non notare ciò che mi circonda, anche per questioni di sicurezza. E sono luoghi – la maggior parte – che ho attraversato a piedi durante un cammino che per me non è stato solo esplorazione di paesaggi e limiti fisici, bensì anche esplorazione interiore.
Ma in questi stessi luoghi, la bicicletta mi ha regalato nuove sensazioni e una cornice altrettanto nuova di un quadro che già conoscevo. La bici permette di essere veloce negli spostamenti, senza per questo risultare superficiale; permette di fermarsi quando si vuole, senza sacrificare la lentezza, intesa come consapevolezza verso ciò che si sta vivendo; permette di passare tante ore all’aria aperta, il naso all’insù in cerca del gusto del territorio, gli occhi che mettono a fuoco particolari altrimenti invisibili e le orecchie tese ad ascoltare i suoni che fendono l’aria.
E che gioia, in sella alla mia gravel, essere agile e poter andare ovunque, sullo sterrato come sull’asfalto, sulla traccia in un prato come sul porfido in un centro storico; che soddisfazione pedalare con la sola forza delle proprie gambe, portato alla meta da muscoli che, seppur indolenziti, continuano a mulinare; e che bello restare affascinati da ciò che si è vissuto e ritrovarsi già a sognare il prossimo viaggio, fantasticando di percorrere strade conosciute e strade sconosciute, luoghi di montagna e luoghi di mare. Sapendo che ciò che conta davvero è il modo in cui si affronta il peregrinare, il modo in cui si usa il mezzo di trasporto, il modo in cui si guarda e si vede il mondo.

Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare, diceva lo scrittore Robert Luis Stevenson. E anche io ogni tanto ci vado, da qualche parte. Non ne posso fare a meno. Ci devo andare, è più forte di me.

(La foto che accompagna il post è stata scattata sul Sentiero Valtellina, in un tratto di percorso tra Sondrio e Morbegno)