“Il futuro ha occhi grandi”

8 Marzo 2024

Ho scritto il racconto che segue per la rivista Natural Style di Cairo editore, pubblicato poi nel numero di febbraio 2024. Tema: la montagna, l’inverno, la natura e il cambiamento climatico.
Buona lettura. (Qui trovate altri miei racconti)

IL FUTURO HA OCCHI GRANDI
Rico scese a piedi da contrada Alta e raggiunse la piana innevata.
La troupe televisiva era schierata e, attorno, una scenografia artefatta strideva con il resto del panorama. Nell’inquadratura i larici erano imbiancati, i rami brillavano al sole e l’acqua del ruscello scorreva pacifica sotto una coperta di ghiaccio.
Rico adocchiò in lontananza le nuove abitazioni del paese, un agglomerato senz’anima fatto di alberghi, seconde case e locali notturni. Tanti anni prima laggiù non c’erano che fienili.
Quando fu annunciata la diretta, il presidente della proloco non perse tempo e lodò il suo impegno per rilanciare il turismo in montagna. Aveva la faccia abbronzata e i capelli pettinati alla moda. Patrick Berna, così si chiamava l’uomo, spiegò lo snowfarming ai telespettatori, l’evoluzione dell’innevamento artificiale di cui era l’ideatore.
Rico, di passaggio, si fermò ad ascoltarlo. E subito provò lo straniamento di chi atterra su un pianeta alieno.
“Questo sistema altamente tecnologico consente di produrre la neve anche in estate. Finora ne abbiamo messi da parte diecimila metri cubi, come vedete depositati alle mie spalle. La neve è avvolta in un enorme telo geotermico, lo stesso cui si ricorre, ahimè, per proteggere i ghiacciai dal riscaldamento globale.” Il Berna fece una pausa, sospirò dispiaciuto e simulò un’espressione affranta. “Ma prima di stendere il telo, la neve viene coperta con uno strato di segatura, così da preservarla dal caldo ancora di più.”
Rico si voltò verso la collinetta: una ventina di operai, badili alla mano, buttavano la segatura sopra la massa di neve e altri la uniformavano con i rastrelli.
“A quella già prodotta ne aggiungeremo ancora” continuò il presidente. “Non smetteremo fino a che non avremo neve a sufficienza per riempire tutte le piste per praticare lo sci alpino e lo sci di fondo. Dunque vi aspettiamo presto per sciare e divertirvi nella nostra magnifica valle, dove la natura la fa da padrona. E speriamo che un giorno o l’altro torni a cadere la neve vera…”
Il giornalista annuì compiaciuto, si augurò che ovunque si replicasse l’iniziativa e, dopo aver sbirciato un foglio, proseguì con le domande. Allora Patrick Berna parlò a lungo di risorse naturali, di impatto zero e di difesa dell’ambiente: “Certamente da considerare, senza tuttavia creare ostacoli al progresso della località”.
A Rico questi concetti parvero illusori, quasi che fossero elencati per nascondere qualcosa di male che era stato fatto. Ma in fondo che ne capiva un montanaro come lui? Rico ne sapeva di formaggi e di vacche, di stagionatura e di latte. Il significato di ecologia, di turismo e di tecnologia era qualcosa di tanto vicino quanto lontano, così come il senso della metamorfosi subita del paese.

La telecamera inquadrò una slitta d’epoca e Rico sistemò un grumo di tabacco sotto il labbro. I due forestieri accanto lo guardarono schifati: ciò che vedevano era un contadino anziano e sporco, appesantito da uno zaino puzzolente.
“Perché quel signore racconta le bugie?” domandò una bambina. Aveva gli occhi grandi e curiosi, e una fossetta le segnava la guancia. “Mio papà dice che vedere la neve finta quando le montagne sono verdi fa venire la tristezza.”
Rico conosceva di vista la bambina: il padre veniva a contrada Alta a comperare il suo formaggio. Sceglieva sempre quello d’alpeggio.
“A scuola ci hanno insegnato che a fare come dice quel signore si spreca acqua e poi i prati muoiono che non riescono a respirare. E che quando portano la neve sulle piste il cielo diventa scuro per il fumo dei camion.”
Rico si chiese quanti anni avesse. Forse otto? O di meno? Eppure gli trasmetteva fiducia, più dell’uomo che ora fantasticava con il giornalista di concerti musicali in quota, di taxi ed elicotteri per raggiungere i rifugi, di vecchie mulattiere da allargare e di nuovi impianti di risalita da progettare. Non solo fiducia: la bambina gli trasmetteva serenità. Come se il futuro, messo nelle sue piccole mani, fosse al sicuro.
“Ti piace il formaggio, vero?”
“Sì, tanto…”
Rico aprì lo zaino, dove aveva il casera per un cuoco che ancora lo preferiva a quello delle grosse aziende agricole. Ne tagliò una fetta, genuina come la bambina, la avvolse nella carta e gliela regalò.
Lei fu indecisa se assaggiarla, poi ringraziò e s’incamminò. Resistette solo qualche passo: Rico la vide addentare il formaggio, sorridere e fargli segno che era buonissimo.