Scrittore. Sul serio?

4 Marzo 2022

Quando nel dicembre scorso, vedendo in TV la dicitura “scrittore” accanto al mio nome durante il programma Il Provinciale dedicato alla Valtellina, non ho potuto fare altro che ripensare a come è nata la mia passione per la scrittura.

Con la memoria sono tornato a venticinque anni fa, ai tempi dell’università a Milano, a una sera in cui la voglia di esplorare la creatività aveva preso il sopravvento su una probabile nottata al pub con gli amici.
Quella sera, penna alla mano, avevo tentato di scrivere su un foglio un dialogo tra due personaggi immaginari: giusto quattro battute perché, pensavo, non c’era niente di più facile al mondo che scrivere un dialogo. Sbagliato. E infatti dico “avevo tentato”, dato che mi ero bloccato dopo le prime due parole, senza riuscire a proseguire.

È stato in quel momento che è nata la mia voglia di imparare a scrivere, a raccontare storie, a esternare le mie emozioni e le mie opinioni o a interpretare e trascrivere quelle degli altri.
Da allora è stato un crescendo di parole, di racconti, di tentativi, di pubblicazioni più o meno riuscite, di delusioni e di soddisfazioni, con diverse pause di riflessione – come succede tra giovani innamorati – nei momenti in cui mi convincevo che la scrittura non faceva affatto per me e, più avanti negli anni, per dedicarmi anima e corpo al mestiere di libraio.
Ma poi, verso la fine del 2017, il bisogno di raccontare le mie storie è tornato prepotente e non ho più potuto ignorarlo. Quel bisogno era talmente urgente che ho deciso di assecondarlo, di crescerlo e di sfamarlo.

Quindi eccomi qua, la dicitura “scrittore” accanto al nome e il continuo impegno a migliorare le mie capacità.
Alle spalle, da luglio 2018 (per quello che considero l’anno del nuovo inizio tra post, diari e libri), il romanzo storico Un prete in alta quota e il reportage di cammino Il mio viaggio in Valtellina, entrambi editi da Lyasis, più l’autobiografia Slalom sulla vita del campione di sci alpino Giorgio Rocca, edita da Hoepli.
In questi mesi, invece, l’impegno per me inedito ma stimolante come ghost writer, oltre che ennesima palestra di allenamento, per un un libro di non-fiction sugli alpini che uscirà in autunno per Harper Collins. In attesa di ricevere risposta da due diversi editori per due nuovi libri, mentre altre storie meritevoli di essere raccontate prendono forma nella mente, sperando che siano condivise dall’agenzia editoriale Lorem Ipsum che mi segue e consiglia ormai da quattro anni.

Eppure, anche se ho trovato la strada per rendere realtà il bisogno di scrittura che sentivo dentro, la parola “scrittore” mi mette a disagio, nonostante oggi sia il mio lavoro effettivo. Questo perché, per considerarmi davvero uno scrittore, vorrei esserlo con la S maiuscola. E ancora non lo sono.
Dunque fino a quel momento, se mai arriverà, ho deciso di considerarmi un “autore”; che, sia chiaro, non è per nulla sminuente, solo un po’ meno impegnativo di “Scrittore”. Ma almeno, per allora, avrò smesso di sentirmi a disagio.

(La foto che accompagna il post è tratta dalle immagini della trasmissione “Il Provinciale” di Rai Due)