1. Alla rovescia. Diario dalle Valli del Bitto

20 Ottobre 2021

Lunedì 30 agosto 2021

Sono in un mondo alla rovescia. Sono in un luogo dove la modernità non ha stravolto le abitudini e dove i gesti delle persone sono gli stessi del passato; sono in un alpeggio dove si arriva soltanto a piedi, caricando i pesi sulle spalle o sul cavallo.
Sono in un mondo alla rovescia perché qui, quasi tutto, è fatto a mano come una volta; perché qui si custodiscono le tradizioni della valle senza compromessi e i pastori e i casari difendono con le azioni, non a parole, pratiche antiche di secoli.

L’Alpe Piazza è a 1770 metri di quota sopra Rasura, un paese della Val Gerola in provincia di Sondrio.
Da quassù, dalla cima dei pascoli del monte Olano che divide la Valle del Bitto di Gerola dalla Val Lesina, ho uno splendido panorama sul fondovalle della Bassa Valtellina, con la strada statale che sembra seguire il percorso sinuoso del fiume Adda, quasi tenendolo per mano. Dalla parte opposta, invece, si distingue il blu intenso del lago di Lecco e Como e, di fronte a me, la Valchiavenna che sale fino alla Svizzera.
I due edifici in sasso e muratura dell’Alpe Piazza sono spartani, ma hanno tutto ciò che serve per passarci i tre mesi della monticazione, da metà giugno a metà settembre. Non ci sono comodità, non c’è il riscaldamento e l’acqua calda arriva a piccole dosi solo se si accende un vecchio boiler a legna, capace di riempire il bagno più di fumo che di calore.
Le poche concessioni alla modernità sono un pannello solare per portare una luce fioca nei locali dell’alpe e per avere l’energia necessaria a ricaricare i telefoni cellulari; una grossa batteria rettangolare dà poi la corrente elettrica al filo del recinto che delimita il pascolo, mentre tra qualche giorno un elicottero in volo per una skymarathon trasferirà un centinaio di forme di formaggio alla cantina di Gerola Alta, sede del Consorzio di Tutela del Bitto Storico Ribelle.
Di conseguenza, se si escludono il sacco a pelo in sostituzione di coperte in lana, gli scarponi da montagna con la suola in gomma e non in cuoio come un tempo o la jeep parcheggiata due chilometri più a valle per scendere in paese quando serve, il resto è rimasto come cent’anni fa.
Per questo dico di essere in un mondo alla rovescia.

Panoramica della Bassa Valtellina

Le vacche che stanno pascolando nelle vicinanze sono tutte di Manu, un ragazzo di Talamona di poche parole, tanto deciso quanto tranquillo. Le capre invece sono di Erica, la sua compagna, vera anima nonché casaro dell’Alpe Piazza, e della diciannovenne Martina, sorella di Manu, candida e quasi timorosa nell’ammettere di non sapere come funziona la mungitura meccanica, dato che ha sempre munto a mano sia le capre, sia le vacche.
Vero è che vedendo quanto è impervio il tratto di montagna in cui si trova l’alpe, sarebbe impossibile spostare un macchinario così pesante in base alle esigenze. Pertanto la mungitura manuale non è solo una scelta precisa per mantenere in vita il metodo classico di produzione del bitto, ma è anche una questione pratica.
Una scelta che però la dice lunga su che cosa sia davvero lo Storico Ribelle lavorato secondo la tradizione delle Valli del Bitto di Gerola e di Albaredo, che si traduce in una difesa energica e appassionata dell’autenticità, dell’unicità e della tipicità di questo formaggio, almeno rispetto alle produzioni decise a tavolino per una mera questione affaristica, che spesso non hanno la storia, né l’ambiente adatto, né le capacità sviluppate nei secoli da pastori e casari, né tanto meno il fascino che per esempio i ribelli, come sono definiti i pochi e inflessibili produttori delle Valli del Bitto, esercitano in tutto il mondo.
Perché qui, all’Alpe Piazza come nella manciata di alpeggi dove i caricatori restano fedeli con coraggio al Consorzio dello Storico Ribelle, venendo tra l’altro additati come fuori dal tempo o traditori, sotto la caldera si accende ancora il fuoco con la legna del bosco, si lascia che le bestie mangino la sola erba del pascolo, si munge due volte al giorno a mano raggiungendo le vacche ovunque siano, si trasporta il latte in spalla con la brenta e soprattutto si fa il bitto come va fatto, ossia come è sempre stato fatto, senza sottomettersi alle logiche di una produzione industriale che purtroppo è diventata la norma un po’ dappertutto.

Rientro all’alpe dopo la mungitura

Sono questi i motivi per i quali lo Storico Ribelle è un formaggio prelibato e di successo, ed ecco spiegato come mai negli anni ha fatto parlare di sé dagli Stati Uniti alla Germania, dall’Inghilterra al Giappone, entrando nelle cronache di prestigiosi quotidiani e canali tv come la CNN, solo per elencarne uno.
Tanto che lo Storico, oggi, non è più soltanto un cibo buono, giusto e pulito, citando i principi ispiratori di Slow Food di cui il formaggio è presidio dal lontano 2003. È diventato molto di più. È una filosofia di pensiero, un movimento di opinione, un modo dissonante di concepire l’agricoltura, l’allevamento, la montagna, l’ambiente e di conseguenza ciò che mangiamo, arrivando persino a prendere a schiaffi il modello di società in cui viviamo e lo stile di vita che pratichiamo.
Lo Storico Ribelle, così come gli altri presidi Slow Food del mondo insieme a quei pochi prodotti DOP e alle aziende agricole capaci davvero di mettere in primo piano la qualità dei cibi, la loro lavorazione e la loro storia invece che il mero business, è un manifesto potentissimo contro i metodi delle industrie, piccoli o grandi che siano, contro gli allevamenti e l’agricoltura intensivi, contro la politica della globalizzazione e, in generale, contro il consumismo che pervade quasi ogni nostro comportamento.
Ed è incredibile, se pensiamo alla fiducia che è capace di infondere lo Storico verso un modello di futuro diverso dal presente, come la strenua difesa di un semplice formaggio fatto alla vecchia maniera da una dozzina di produttori guidati da un visionario con la testa dura, dimostri che il ritorno a un concetto di sobrietà e di senso del limite non solo è possibile, ma è indispensabile e urgente in ogni settore della nostra società.

CONTINUA…

(Le immagini che accompagnano il post sono mie e sono state scattate in val Gerola)

Forme di Storico prodotte in estate

Leggi anche i post precedenti:
Diario dalle Valli del Bitto